RLSNOTIZIE FNP Emilia-Romagna 19/7/2018

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20/07/2018



Care amiche, cari amici,
con queste poche righe auguro buone vacanze a tutte/i voi ed ai vostri cari. Per alcuni purtroppo è un periodo difficile per situazioni ambientali e di solitudine ... Alla situazione personale si aggiunge la preoccupazione per il futuro del Paese, dell'Europa, del ritorno a situazioni del passato che pensavamo non tornassero più, dell'aumento del rancore e della rabbia. Nonostante tutto ciò, siamo fiduciosi nel futuro: è la nuova Cisl, che i pensionati insieme alle categorie hanno costruito in questi anni che ci fa essere fiduciosi nel futuro. La Cisl e la Fnp hanno detto al nuovo governo di essere disponibili al confronto, che le novità piacciono al sindacato se innestano un cambiamento vero.
Cisl e Fnp hanno chiesto un confronto sui temi importanti per il sindacato:1. Europa; 2. Sanità e sociale; 3. Lavoro e sviluppo; 4. Pensioni, ossia modifiche alla legge Fornero, ampliando gli accordi fatti con i governi precedenti e dando garanzia pensionistica ai giovani. I pensionati Cisl sono consapevoli del valore che viene prima di ogni cosa e che la Costituzione ben definisce: pace, giustizia sociale e lavoro. Alla ripresa post feriale, il sindacato Fnp sarà in prima linea per realizzare questi obiettivi, decisi e forti nel'affermare i nostri valori. Loris Cavalletti, responsabile Fnp Cisl Emilia-Romagna

Pensioni: sempre nel mirino…… (note informative per orientarsi sul tema)
Commissione Lavoro della Camera: audizione vertici Inps (15 marzo 2016)
"La Proposta dell'onorevole Meloni del ricalcolo (con il metodo contributivo) delle pensioni superiori ai 5mila euro lordi, così come concepita, non è attuabile". Dal confronto è emerso che: "i dati per il ricalcolo – nel settore privato – mancano o sono parziali o sono inutilizzabili per vari motivi"; che "i dati per il ricalcolo – nel settore pubblico – sono del tutto assenti"; che "molte pensioni, se ricalcolate con il contributivo, aumenterebbero". L'on. Meloni, presente all'audizione, non senza qualche resistenza, ha dovuto prendere atto di quanto è emerso dal confronto.

(ANSA) Roma 15 marzo 2016. Cesare Damiano (PD): "Tutti i gruppi politici della Commissione Lavoro hanno convenuto sulla necessità di trovare una strada diversa dal ricalcolo indicata dalla proposta di legge Meloni in quanto non concretamente realizzabile”. "Oggi nel corso dell'audizione dell'Inps sulle pensioni d'oro in Commissione lavoro della Camera, abbiamo avuto conferma di ciò che già sapevamo: che il ricalcolo contributivo delle pensioni per tutti i lavoratori non è possibile. Non si tratta di un difetto imputabile all'istituto, ma del fatto che le leggi sulla previdenza che si sono susseguite dai lontani anni '60 prevedevano diverse modalità di calcolo”. Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. “Prima del 1968 –spiega- come è stato ricordato, le famose marche settimanali o mensili erano la regola e non necessariamente erano calcolate sulla retribuzione realmente percepita. Quei dati, inoltre, non sono mai stati informatizzati, in quanto non era necessario all'epoca avere un supporto diverso da quello cartaceo. Il discorso per il pubblico impiego riguarda l'intera categoria per la specifica modalità di calcolo adottata che prevedeva, sino al 1992, l'esclusivo riferimento agli anni di servizio ed all'ultima retribuzione per il calcolo della pensione. Di fronte a questi dati tecnici oggettivi che l'Inps aveva già fornito alcuni anni fa in audizione , ma che abbiamo voluto nuovamente verificare, tutti i gruppi politici della Commissione hanno convenuto sulla necessità di trovare una strada diversa da quella del ricalcolo indicata dalla proposta di legge di Fratelli d'Italia in quanto non concretamente realizzabile”.

 

Oggi: il pressing governativo sulle pensioni
Il Governo mette tra le sue priorità il taglio delle pensioni, lo strumento più semplice e sicuro per fare cassa, così da soddisfare quanto promesso a carico del bilancio dello Stato ma non supportato dalla relativa copertura finanziaria. Infatti, secondo il Ministero dell'Economia e delle Finanze, mancano le coperture per introdurre: "quota 100" e smontare la legge Fornero, la "flat tax" a due aliquote, il "reddito di cittadinanza" e la "pensione di cittadinanza". Inoltre, ci sono i vincoli dell'UE, le clausole di salvaguardia, le coperture per gli interventi di spesa già decisi dal Governo Gentiloni, e dunque il Ministro Tria frena, dovendo rappresentare l'Italia sul piano finanziario internazionale, dato l'ingente debito pubblico esistente. Da qui la volontà di finanziare almeno una parte del reddito e della pensione di cittadinanza con prelievi sulle pensioni medio-alte. Infine, il Contratto di Governo specifica: (1) Al paragrafo 17: " Inoltre è necessario riordinare il sistema del welfare prevedendo la separazione tra previdenza e assistenza"; (2) Al paragrafo 26: "Per una maggiore equità sociale riteniamo altresì necessario un intervento finalizzato al taglio delle cd. pensioni d'oro (superiori ai 5.000,00 euro netti mensili) non giustificate dai contributi versati". Da qui che:
(1) È indubbio che le pensioni liquidate in passato con il "retributivo" presentano -soprattutto le pensioni medio-basse- uno "squilibrio" rispetto al "contributivo", ma furono liquidate sulla base delle norme in vigore.
(2) È provato che al di sopra dei 3.000 euro lordi al mese, queste stesse pensioni negli ultimi vent'anni hanno perso (grazie ai vari interventi di blocco parziale o totale della perequazione) intorno al 20-25% del loro potere d'acquisto.
(3) Gli economisti confermano che la gobba dello "squilibrio" retributivo-contributivo si situa ~al livello 3.000-3.500 euro lordi mensili di pensione, che corrisponde a pensioni nette di 2.000-2.200 euro al mese;
(4) Malgrado le esternazioni del suo Presidente, i vertici~ Inps hanno ammesso - in audizione alla Commissione Lavoro della Camera nella precedente legislatura - l'impossibilità "tecnica" di effettuare il ricalcolo contributivo di tutte le posizioni previdenziali private e pubbliche.
A questo punto, considerato quanto stipulato nel Contratto di Governo e specificato in premessa, segue che:
( 1Gli interventi di sostegno al reddito non possono che definirsi "assistenziali". Oggi le Istituzioni dichiarano una spesa pensionistica che comprende almeno 110 miliardi di "assistenza", mostrando così un'incidenza sul PIL del 16% o più, anziché del 12% o meno. D'altra parte su oltre 16 milioni di pensionati più di 8 milioni sono "pensionati assistiti", che non hanno mai o quasi mai versato contributi ed imposte.
2 Intervenire sulle pensioni medio-alte (che il Contratto di Governo identifica in 5.000 euro netti al mese) -che hanno uno "squilibrio" di gran lunga inferiore e in certi casi nessuno squilibrio con una popolazione di 29-30.000 pensionati - darebbe un gettito non superiore a 100-150 milioni.
3 Per ottenere un gettito importante occorre abbassare l'asticella e di molto, sino ad incidere sulle pensioni medio-basse che riguardano una popolazione molto più ampia e che presentano percentuali di "squilibrio" ben più elevate.
4 Infine, se trattasi di assistenza e non di previdenza ed il Governo intende separare assistenza e previdenza, l'unica misura è un aumento dell'aliquota irpef del 41% (nello scaglione 55-75.000 euro) e/o del 43% (oltre i 75.000 euro), prelievo che interesserebbe tutti, sia pensionati che attivi. Peraltro, l'assistenza va finanziata dalla fiscalità generale. tax".
5 Qualsiasi altro intervento - a mezzo di ricalcoli contributivi fittizi e "impossibili" o con misure limitate ai soli pensionati - , secondo il sindacato sarebbe “abusivo, iniquo, illegittimo”.
6 Contemporaneamente il Governo dovrebbe mettere mano alle pensioni date ai politici con la Legge Mosca n. 252/1974, agli ex sindacalisti con il D.Lgs. Treu 564/1996, alle "doppie pensioni" dei parlamentari rimaste per decenni a carico delle varie gestioni previdenziali, al "cumulo" di più vitalizi, che potrebbe essere vietato subito per decreto.
7. La Corte dei Conti ha recentemente stimato che il "tax gap" in Italia vale oltre 7 punti di PIL. Si tratta di oltre 120 miliardi di evasione fiscale e contributiva su cui si può intervenire, anziché sui redditi pensionistici di chi ha pagato contributi e tasse e continua ancora oggi.
8. Il 95% del gettito IRPEF proviene da lavoratori dipendenti e pensionati con trattenuta alla fonte. Il 12% dei contribuenti versa oltre il 55% di tutta l'IRPEF. Per contro molti continuano a non pagare le tasse e lavorano o fanno lavorare in nero.
9. La mancata separazione fra "previdenza" e "assistenza" è una piaga del Paese, tanto più che l'assistenza supera ormai la soglia dei 110 miliardi e cresce ad un tasso annuo del 6% (contro lo 0,2% delle pensioni). Inoltre, è una irregolarità bollata dalle norme UE e OCSE. Malgrado ciò le Istituzioni italiane preposte continuano a denunciare una spesa pensionistica pari al 16% o più del PIL invece che il 12% o meno, che porrebbe l'Italia nella media europea e non come fanalino di coda poco virtuoso. Basterebbe dare attuazione alla legge n. 88/1989 tuttora disattesa. Infatti, gli interventi di sostegno al reddito vanno finanziati sulla fiscalità generale e non sulla previdenza. La separazione fra previdenza e assistenza è anche citata allo specifico paragrafo 17 del Contratto di Governo.

Pensioni, saranno tagliate quelle sopra i 4 mila euro. Cosa cambia in 5 punti
L'accordo tra M5S e Lega prevede un intervento sugli assegni al di sopra dei 5 mila euro netti al mese. Ma quell'asticella è troppo alta per ricavare risorse sufficienti da destinare alle pensioni più povere. Così la soglia è scesa a 4 mila euro netti al mese.
1.Pensioni, cosa prevede l'accordo
Il taglio delle cosiddette pensioni d'oro è previsto dal contratto di governo. L'accordo tra M5S e Lega prevede un intervento sugli assegni al di sopra dei 5 mila euro netti al mese. Ma quell'asticella è troppo alta per ricavare risorse sufficienti da destinare alle pensioni più povere. E così la soglia è scesa a 4 mila euro netti al mese. Dopo il taglio dei vitalizi, il vice premier Luigi Di Maio dice che questo sarà il prossimo passo e che «spera di portare a casa il risultato prima della pausa estiva». Non è facile. Anche perché si procederà non per decreto ma con un disegno di legge, ancora da definire, e quindi senza corsie preferenziali in Parlamento. Come funzionerebbe. I dati secondo il centro studi previdenziali Tabula, guidato da Stefano Patriarca, consulente di Palazzo Chigi nel precedente governo.
A essere ricalcolata in base al meno vantaggioso sistema contributivo, cioè tenendo conto dei contributi effettivamente versati nel corso della vita, sarebbe solo la quota dell'assegno che supera i 4 mila euro. Le persone coinvolte sarebbero circa 100 mila, a patto di applicare la soglia dei 4 mila euro non al singolo assegno, ma al reddito totale pensionistico. Una differenza fondamentale visto che molte persone cumulano assegni diversi, come quello di reversibilità. Il taglio medio sarebbe tra il 10 e il 12%, ma con una forte variabilità. Il risparmio netto, considerato che con pensioni più basse lo Stato incassa meno tasse, sarebbe tra i 450 e i 600 milioni di euro. Troppo poco per finanziare la pensione di cittadinanza, 780 euro al mese, contenuta sempre nel contratto di governo e che ha un costo tra i 2 e i 4 miliardi. Servirebbero altre risorse. Il taglio delle pensioni d'oro non è un tema nuovo. Un meccanismo per il ricalcolo contributivo era stato studiato qualche anno fa da Tito Boeri, presidente dell'Inps. All'inizio del suo mandato ne aveva parlato anche l'allora presidente del consiglio Matteo Renzi. Ma poi il suo governo aveva imboccato un'altra strada, con l'aumento della quattordicesima mensilità aggiuntiva riservata agli assegni più bassi.
Taglio solo sopra i 4 mila euro netti
L'intervento allo studio sulle cosiddette pensioni d'oro dovrebbe riguardare solo chi ha un reddito da pensione, anche cumulando diversi assegni, superiore ai 4 mila euro netti al mese. Sulla quota di pensione che supera questa soglia scatterebbe un ricalcolo in base al sistema contributivo, cioè ai contributi effettivamente versati nel corso della vita. La quota di pensione al di sotto dei 4 mila euro netti al mese non verrebbe toccata. Il ricalcolo dovrebbe portare a un taglio medio tra il 10 e il 12%. Ma ci sarebbe una forte variabilità e in alcuni casi potrebbe essere anche molto superiore. Con il risultato di penalizzare, tra le pensioni che comunque superano i 4 mila euro, quelle più basse perché incassate da chi ha lasciato il lavoro prima e quindi ha versato meno contributi.
Atteso un gettito di 450-600 milioni
Le persone coinvolte dalla riforma sarebbero circa 100 mila. A condizione che la soglia di 4 mila euro riguardi il totale del reddito da pensione e quindi anche chi cumula assegni diversi. Se venissero escluse le pensioni di reversibilità, quelle che spettano al coniuge dopo la morte della moglie o del marito, la platea scenderebbe a circa 80 mila. L'ipotesi viene presa in considerazione anche se, in teoria, non sarebbe giustificata visto che chi incassa la reversibilità non ha versato contributi per quell'assegno. Il gettito dell'operazione, ipotizzando la platea di 100 mila persone, sarebbe in teoria di un miliardo di euro. Ma, considerato che con pensioni più basse lo Stato incasserebbe meno tasse, il risultato reale sarebbe compreso tra i 450 e i 600 milioni.
L'ipotesi di aumento dell'assegno sociale
I soldi ricavati dal taglio delle pensioni d'oro, nelle intenzioni del governo, dovrebbero essere utilizzati per aumentare gli assegni più bassi. L'obiettivo si concentra sui circa 800 mila pensionati che oggi incassano l'assegno sociale senza alcuna maggiorazione, circa 440 euro al mese. Nel contratto di governo si parla di pensione di cittadinanza, un assegno da 780 euro al mese, lo stesso livello base del reddito di cittadinanza. Portare tutti gli assegni sociali fino a 780 euro al mese costerebbe oltre 4 miliardi di euro. Il ricavato dal taglio delle pensioni d'oro, non più di 600 milioni di euro, sarebbe largamente insufficiente per raggiungere il risultato. Andrebbero quindi trovate altre risorse, cosa per nulla facile. Oppure prevedere un aumento più contenuto.
La «distorsione» creata dalla flat-tax
C'è un'altra variabile da considerare. L'intervento sulle pensioni d'oro potrebbe essere più che neutralizzato da un'altra riforma ancora più difficile da realizzare. E cioè la Flat Tax, la tassa piatta, ormai ribattezzata Dual Tax visto che prevede due aliquote (15 e 20%) comunque molto più basse delle cinque previste oggi. L'effetto combinato di ricalcolo contributivo e taglio della tasse porterebbe a un aumento dell'assegno anche per i pensionati d'oro. Un assegno da 5.800 euro al mese, ipotizzando un taglio del 10%, perderebbe 580 euro per il ricalcolo contributivo. Ma poi ne guadagnerebbe quasi 2 mila per effetto della Dual Tax. Un guadagno netto di circa 1.400 euro.